venerdì 10 dicembre 2010

‎''In una nave che affonda gl'intellettuali sono i primi a fuggire subito dopo i topi e molto prima delle puttane'' - Vladimir Vladimirovič Majakovskij


giovedì 2 dicembre 2010

Cara Amélie Poulain

ti sei impressa dentro di me con tale forza che ne porto ancora i segni.
Se si sbircia dietro la tenda, mi si può ancora veder ballare con Tiersen, sorridere con lo gnomo in giro per il mondo, cercare d' imparare il francese.
Tu hai gli occhioni grandi e marroni, i capelli corti, la voce suadente e i modi eleganti.
Per descrivere me, basta capovolgere la frase di prima.
Urlo, salto, rido da farmi venir male alle guance, mi morsico le unghie da quando avevi sei anni e sono un po' imbranata.
Il mondo, però, quello so bene come guardarlo: osservo tutto, dalla a alla zeta.
Diciamo che ''mi piace cogliere quei dettagli che nessuno noterà mai''.
Metto una bella musica di sottofondo, metto le braccia dietro la testa, incrocio i piedi, e lo guardo tutto, questo universo.
Lo mangio, lo bevo, lo respiro, lo ascolto, lo fotografo, ci litigo, ci rido.
Lo MORDO.
E tu mi stai stata d' aiuto, quando non capivo da che parte andare.
Quando mi guardavo allo specchio pensando ''Ilaria chi?''.
Mi hai preso per mano, ma il momento migliore è quando ci siamo salutate.
Perchè la strada la percorro da sola,
e mentre Jeunet ti riavvolgeva nella pellicola mi hai sorriso.
Vado avanti portandoti nel cuore.
E quando divento nostalgica, clicco play.
http://www.youtube.com/watch?v=duGbgrv9LRE

domenica 7 novembre 2010

With LOVE

Col vestito a righe e la vita alta,
ho ceduto alle richieste di papà: ''Scegli cosa portare in cantina, così facciamo spazio in casa''.
Un viaggio spazio-temporale tra i miei ventun anni.
Apro una scatola e mi ritrovo in piena adolescenza: primi litigi coi genitori, brufoli antipatici e tanto, tanto sport.
Mi capita tra le mani un vecchio diario, e subito mi crescono i capelli; mi ritrovo in braghe larghe a leggere manga e fumetti, fumetti e manga.
Cartoline piene di Tvtb e Mi manchi e Saremo amiche per sempre.
Un maschiaccio in calzamaglia.
Che ora è cambiato, e non potrebbe fare a meno di Vichi, Cele, Franci, Sara e Sele.
Un salto indietro all' infanzia: caschetto biondo, sorriso sdentato e disegni, quaderni di animali, musicassette.
Con la coda dell' occhio vedo il registratore portatile che ho stancato a suon di capitoli del Piccolo Principe.
Pieno di adesivi da bimbi.
E mi scappa un ''Che bei tempi''.
Ma tutti i tempi hanno un perchè, e sono proprio i ricordi a testimoniarmelo.
Eccomi seduta a gambe incrociate tra libri delle medie, dove di amica ce n' era una sopra tutte.
Cosa starai facendo adesso, compagna di estathè e film in pigiama?
C' ero quando un cagnolino bianco iperattivo è entrato in casa tua.
C' ero nei momenti belli ed in quelli tristi.
Ti ricordo e ti scriverò presto.
Ti tolgo dalla naftalina.
Ti infilo in bocca uno di quei sorrisi che ho visto tante volte.
S' interrompono i pensieri quando fa capolino nonsodadove la grammatica latina.
Troppo da dire, sul liceo.
L' amore, gli amici.
Quelli che ancora mi porto dietro.
E da sotto la copertina arriva il tu-tum che non avevo mai provato prima.
Per te che mi hai insegnato tanto.
Che hai preso la chiave e l' hai girata nel cuore, facendolo scattare.
Ne è uscita Ilaria, un po' confusa, un po' paranoica e piena di domande.
Ho stretto amicizia con la musica come mai prima di allora.
Mi vengono incontro una battuta di Franpesca,
i battibecchi con Brusi,
le vignette con Silvia, che ci abbiam riempito quaderni.
I due professori con la P maiuscola.
Uno, un po' stronzo.
L' altro, mi ssshembrava tanto ssshaggio.
Piombo nei miei quattro, cinque anni, con la mamma quasi felice che imparerò a leggere perchè ''Mi facevi ripetere le storie mille volte! Ogni volta che finivo di leggerti un libro, mi chiedevi di ricominciare''.
Una foto del nonno in campagna.
Accuso il colpo.
Mi giro e c' è il camper di Barbie, col frigorifero pieno di cibo in miniatura.
Quasi quasi lo apro e mi metto a giocare.
Oppure spolvero il Polly Pocket, quello con la casetta a forma di stella.
Fin da piccola ho sempre tenuto tutto.
La spazzatura era un gigantesco buco nero che tutto inghiottiva.
Adesso sono un po' cambiata.
Quando getto via qualcosa faccio sempre una smorfia (anche adesso che sto scrivendo, solo a pensarci),
ma tengo quel tanto di cose materiali che un giorno mi piacerà riprendere in mano per fare 'Oh!'.
Però, tante cose voglio tenerle dentro.
Magari le metterò tutte su carta, piano piano.
E ringrazio ciascuno dei miei ricordi, delle mie azioni, delle mie amicizie, degli amori, delle risate, delle liti e dei pianti, dei baci e dei momenti di StoBene.
Perchè hanno fatto l' Ilaria che leggete adesso.

sabato 30 ottobre 2010

Fumando una sigaretta sul terrazzo,
chiamo in causa Dio.
Gli picchietto col dito sulla spalla per parlargli dell' amore.
Per chiedergli come mai non ci ha voluto dare il libretto delle istruzioni.
O una tabella come quelle di chimica, che ci spieghi l' alchimia e le possibili esplosioni.
L' imputato si siede al bancone ed io comincio a gesticolare, vomitando parole, alzando il sopracciglio e sbuffando, di tanto in tanto.
Lui mi guarda e sorride.
Mi risponde, ma in una lingua che non capisco ancora (se non a tratti), e non basta essere iscritta all' università per tradurre tutto.
Dell' amore si è detto tanto, ma non è mica come la matematica.
Perchè se x+y fa 52, qui la storia è più complicata.
C' è chi lo teme, questo amore che han sempre vestito di rosso, chi non risponde quando bussa alla sua porta e cerca di scacciarlo con una spruzzata di Deodorante Felce Azzurra.
Chi non può farne a meno e lo cerca nei bar, in piscina, in mezzo ai libri, sotto il tappeto.
E l' amore, che a volte non si riconosce, c' è.
E' travestito, si mette il cappello e sta seduto in un angolo, nascosto dietro il giornale. Legge Gramellini.
E anche se non lo vedi, ti fa mordicchiare le unghie, sobbalzare il cuore, digrignare i denti e lacrimare gli occhi.
Per fortuna che fa anche addormentare col sorriso. E ti fa raccontare agli amici di quella serata dove sei stato così felice e mentre lo ricordi inciampi nelle parole.
Che la felicità, forse, è difficile da spiegare.
Dio rimane lì, con i lati della bocca all' insù, e annuisce.
Capto qualche cosa, ma la frequenza su cui sintonizzarsi fra crac-crac.
Sono sicura che mi sta suggerendo ''Non perdere fiducia''.
'Non smetterò di chiedere, di interrogarmi, di ascoltarmi', penso.
E lì, Dio, è scoppiato in una risata.
Non mi stava prendendo in giro, tant' è vero che si è commosso.

domenica 24 ottobre 2010

http://www.youtube.com/watch?v=NaCwLzKfOXE

Se continuo a darti ascolto, dormirò solo due ore per notte.
Mi verranno le occhiaie e sbadiglierò dalle 10 alle 11.
Comincerò a bere caffè cercando di capire se davvero mi tiene sveglia.
Avrò i capelli arruffati la mattina.
Mi alzi dal letto mentre sto per chiudere gli occhi
Per paura di non ricordarti più domattina.
Per bisogno di scrivere.
Perchè non posso farne a meno.
Ispirazione 1, Ilaria 0.
Non solo.
Mi attiri alla tastiera anche ora, quando vorrei sdraiarmi sul divano e recuperare le ore di sonno.
Che stanotte ho visto l' alba, prima di andare a letto.
Mi incolli anche oggi allo schermo,
una domenica d' autunno col cielo appeso e il freddo che entra da sotto il cappotto.
Il mio rapporto con l' ultimo giorno della settimana è cambiato col tempo.
Odiato fino a pochi anni fa, 
adesso è il momento delle uscite con gli amici alle 5, con i cappelli di lana e tazze fumanti tra le mani.
Per le castagne, le ronde alla Mondadori e i cani (degli altri) portati al guinzaglio.
L' occasione per riguardare i film dell' infanzia (mi viene sempre voglia di Mary Poppins e Pomi d' ottone e manici di scopa), le fotografie e scrivere i ti voglio bene.
E quando c' è un po' di sole invernale, vestirsi a strati come le matrioske per fare passeggiate e soffiarsi tra la mani per scaldarle un po' .
Adesso però mi preparo, perchè questa ispirazione, oltre a farmi bruciare gli occhi con il monitor del computer, mi fa sempre arrivare in ritardo agli appuntamenti.

venerdì 22 ottobre 2010

Devo esercitarmi con i titoli_

Come a molti succederà, spesso mi interrogo sulle vite degli altri.
Ed ecco cosa mi è frullato per la testa oggi, a Genova.
Scottandomi la lingua mentre addentavo una patatina del McDonalds, osservavo le persone davanti a me.
In macchina, a piedi, accompagnati dal cane, affacciati alla finestra.
'Da quanto tempo saranno svegli, stamattina? Dove avranno bevuto il caffè? Qualcuno starà per fare un viaggio in Nuova Zelanda? E quanti conoscono il cartone Les Triplettes de Belleville'?
E poi... eccone uno.
Completo nero elegante, camicia bianca, cravatta, auricolare e valigetta di pelle.
Il Ma-na-ger.
Si vedono tanti stereotipi in giro, ma il Ma-na-ger mi incuriosisce sempre.
Sarà perchè mi sembra l' unico mestiere per cui ci si veste ancora così a puntino.
Più che ''a puntino'', direi alla vecchia maniera.
Mi ricordano cortigiani di imperi antichi, ormai quasi estinti, fuori luogo dovunque si trovano.
Alcune immagini mi lasciano stranita, col sorriso: una vecchietta col foulard in testa e le scarpe della Nike,
un bambino che porta al guinzaglio un terranova, una donna sulla cinquantina con la pettinatura rimasta ai sixties, e, mi duole dirlo, chi fa il proprio mestiere con passione.
Ma il Ma-na-ger.
Lui è sempre una sorpresa.
Stona con tutto.
Stona il suo completo elegante con un gelato colorato.
Stona con le cuffie grandi, quelle che passano sopra la testa.
Stona con un paio di rollerblade.
Stona persino con le patatine del McDonalds.

E allora...?
Che ci siano più Ma-na-ger(s) col gelato, con le cuffione, con i rollerblade e con le patatine ipercaloriche.
 

martedì 19 ottobre 2010

What do you say?

NO.
A chi fa i sorrisi bianco perla ma non aiuta gli amici tristi.
Ai commessi che vendono libri senza esserne appassionati.
A chi non torna mai bambino.
A chi pensa alfa e dice beta.
E a Trenitalia, che mi fa arrivare sempre in ritardo a lezione.
SI'.
A Doisneau.
A Morrissey che canta che se gli altri fissano -davvero non mi importa, davvero non mi importa-
A Sara che parte per la Cina.
A Selene che mi fa sbagliare aula di linguistica italiana.
A Donato che fa scintille all' audizione.
A Celeste che si mette il tacco per portare in giro il cane.
A Francesca che ride davanti a Paperissima.
A Margherita Dolcevita.
A Genova quando la guardo dal finestrino mentre arrivo da Acqui.
Alle risate con gli amici.


sabato 16 ottobre 2010

C'è una cura per la scrittura?

Quella che mi assale quando sto per addormentarmi.
Che mi fa alzare dal letto con gli occhi semi chiusi, per annotare da qualche parte l' idea che mi è venuta.
Quella che mi prende mentre aspetto il treno.
E mi fa scrivere sul fondo del quaderno, che di pagine bianche non ne ho più.
Quella che ''Se non ho nessun posto dove annotare, lo salvo come messaggio in bozze''.
L' attacco di scrittura arriva quando meno me lo aspetto,
ma si ripresenta sempre tornando a casa, la sera.
La prassi consiste in:
cuffie attaccate all' uscita del picì per non svegliare i miei;
lavata veloce di denti per correre sul letto, a gambe incrociate, e rendermi conto che ho dimenticato di mettere gli occhiali. Di nuovo.
Caccia all' oggetto smarrito, che il 90% delle volte si fa trovare vicino al lavandino del bagno.
Mischiare il tutto con un filo d' emozione all' idea del tic-tic tic-tic della tastiera sotto le mani e...
Voilà.