sabato 30 luglio 2011

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Con le mie otto zampe ho camminato attraverso i muri di molti palazzi.
Per un ragno non è facile trovare la casa giusta: ho rischiato di essere schiacciato, malmenato, spazzato via.
In molti hanno urlato al sol vedermi.
Un giorno, però sono sbucato tra le mattonelle di una piccola bottega polverosa.
La fessura da cui entrai era poco più su di una mensola colma di barattoli.
Avvicinandomi ad una delle arbanelle, guardai dentro: c' era un cuore.
Spalancai gli occhi e premetti bene il muso contro il vetro: non c' erano dubbi, un cuore.
Pulsava nel suo mantello rosso.
Stordito, barcollai verso un altro contenitore; ed anche lì! Un cuore!
Uno dopo l' altro vibravano composti nei loro recinti.
Scaffali e scaffali lungo i muri.
Pieni zeppi.
Di cuori.
Sul fondo del negozio, una scrivania ed una donnina dagli occhi scintillanti.
Tutte le mattine arrivava di buon' ora per curare i suoi clienti.
Ne sceglieva uno, toglieva il coperchio, e posizionava il cuore bello comodo sul tavolo, sopra diverse stoffe colorate.
Ad alcuni cantava.
Per altri era sufficiente surrurare parole misteriose.
Altri ancora li infagottava nella sciarpa e li cullava canticchiando piano.
Vi ho presentato l' Aggiustacuori.
Ogni giorno uomini d' affari, donne col foulard, cantanti jazz, aspiranti giornalisti, pensatori, arrabbiati, ansiosi, tutti passavano da lei e le lasciavano il cuore sul bancone.
Lei non aveva bisogno di saperne il perchè.
Sorrideva, cercava un barattolo vuoto e lo impilava sulla mensola.
Li avrebbe messi a posto man mano.
Al momento della restituzione il cuore era sempre brillante e felice.
Una sera d' inverno il campanello della porta trillò e ad entrare nel negozio fu un uomo sulla trentina, molto serio.
''Mi venda un cuore, la scongiuro'', chiese alla donna.
''Non posso farlo, questo è sicuro'' rispose lei.
''Il problema è il denaro? Quanto?''
''Io non li vendo, li aggiusto soltanto''.
''Se non mi accontenta, ne morirò''.
''La sua richiesta è ingiusta, però''.
E lui ''Non capisco queste parole, le sue...''
''Perchè così, di cuor ne avrebbe due'' fece lei.
L' uomo abbassò gli occhi e disse sottovoce ''Io di cuori non ne ho''.
La donna ebbe un fremito.
Lo guardò più attentamente col sopracciglio aggrottato.
''Forse ci credo, forse no''.
L' aggiustacuori si mordicchiò un' unghia e guardò con una lente nel petto dell' uomo.
Non vedeva nulla.
Buio come quando hai appena spento la luce.
-Forse, se aspetto, i miei occhi si abitueranno-
Ma ancora niente.
Nessun segnale dal cuore.
Si decise quindi a studiare la mente dell' uomo.
E quel che vide, non la soprese: un enorme cervello la scrutava da sotto la lente.
Teneva le braccia conserte e sembrava Molto pieno di sè.
La donna disse solennemente ''Lei è prigioniero della sua testa. Al cuore, di spazio non ne resta''.
L' uomo lì per lì non si scompose.
Ma lei tornò sul petto e gli mostrò un piccolo cuore nascosto dietro una tende nera.
Tremava ed era troppo debole per confrontarsi col cervello, impettito e presupponente.
''Il cervello non si fida, vuole un sacco di risposte. Al cuore non da ascolto''.
L' uomo decise di lasciarglielo in cura, ma le diede anche il cervello.
L' aggiustacuori gli parlò, gli parlò, gli fece ascoltare canzoni, disegnò, scrisse per lui, e alla fine lui capì.
Sorrise e fece pace col cuore che se ne stava triste, in braccio alla donnina.
Quando l' uomo tornò a ritirare, si mise a posto e strabuzzò gli occhi.
Guardò fisso negli occhi della donna e solo in quel momento capì.
La riconobbe.
Da allora, ogni giorno viene alla bottega, bacia l' aggiustacuori e le racconta del suo amore. Per lei
.

venerdì 29 luglio 2011

''Settemmezza in tavola''.

Mi trascinano di peso in macchina.
Incrocio le braccia per tutto il viaggio.
Muso lungo, silenzio.
Che mordo.
Aprono la portiera, mi forzano a camminare fino a lì.
Davanti a te.
Mi guardi sorridendo ma butto gli occhi in terra.
Le solite operazioni di routine.
Fa tutto mio papà.
Io sono inchiodata coi piedi per terra.
Intrappolata nell' incapacità di accettare un dolore così grande.
Bloccata con il mio comportarmi solo come mi viene.
Impossibilitata nel fare le cose a comando.
Restiamo muti, uno davanti all' altra.
Sudo.
E alla fine tira su il sopracciglio, ti do un' occhiata veloce e mi si vena il cuore.
Di nuovo.
''Dai, andiamo via di qua'', ti dico.
Portami in campagna, ti aiuto a tagliare l' erba.
Facciamo il fuoco anche noi a ferragosto, quando nel buio si vedono i falò in tutta la vallata.
Quando andrai con le pizze al forno a legna, ti seguirò.
Come facevo da piccola.
Andiamo a Varazze a mangiare i crackers col miele a notte fonda, mentre gli altri dormono.
Parlami delle cose belle che volevi per il mio futuro, camminiamo per mano ancora un po'..
Mi sono arrabbiata perchè ti volevo bene, e tu me ne volevi tanto.
Però mi sono sentita tradita.
Non ho fatto in tempo a girarmi che sei scomparso.
Ti avevo salutato di fretta ma con amore.
Ero con Marika, e mi hai liquidato con due parole svelte, come al solito.
E questo vizio me l' hai lasciato pure a me.
Però in quelle parole ci sentivo l' amore, quello vero.
Cerco di ricordarmelo tutti i giorni.
Lo leggo tra le parole della lettera di tanti anni fa,
lo vedo nelle foto coi tuoi calzini lunghi anche d' estate,
ma sopratutto lo sento nel cuore.
''Dai, stai un po' qui con me.. Parliamo ancora.. Perchè te ne stai lì con il tuo nome inciso nella pietra, la data di nascita e quella tragica, subito sotto? Nonno, dai, vieni via''.
 

giovedì 7 luglio 2011

W Laura

Dal tabacchino c'era Laura,
una donna socialmente considerata strana.
Cioè, lo stesso che dire ''operatore ecologico'' al posto di ''spazzino''.
Perchè Laura la credono matta.
Ha quasi sessant' anni, mi ha detto, eppure ne dimostra dieci di meno.
Questa pazzia fa bene al fisico, allora.
Pare che non sia normale perchè dice quello che pensa sempre e comunque.
Non le piacciono i film con la trama prevedibile ed ha una gran passione per Johnny Deep.
Detesta che critica gli altri per come sono vestiti e quelli che ti fissano senza ascoltare cosa dici.
Ha da ridire sulla mania degli acquesi di spettegolare a destra e a manca.
Sbuffa alle ingiustizie ed alza la voce per farsi sentire.
Si tiene stretti solo gli amici sinceri.
Mi ricorda i bambini: nessuno gli da retta perchè-si-ascoltano-solo-i-grandi.
Mah.
Secondo me la Laura fa venir voglia di sorridere.
E quasi quasi si fa pure voler bene.

mercoledì 6 luglio 2011

HEMINGWAY, SUCCO DI FRUTTA E SCRIVERE

Certi giorni odio la gente.
''Odiare è una bruttissima parola'', direbbe mio padre.
Ma quando esco di casa non sopporto nessuno.
Ho i nervi avviluppati.
La signora che guarda e spettegola,
il bambino che strilla,
il barista tirchio,
il cane che ringhia.
Come ringhio io quando mi tagliano la strada, mi tirano spallate senza voltarsi, mi guardano storto ''Perchè sono giovani e maleducati''.
Mi arrabbio perchè mi hanno cresciuta buona e con i famigerati principi di cui tanto si parla.
In bocca a tutti ma nel cuore di pochi.
E allora detesto i messaggi di fretta perchè non si ha tempo,
i sorrisi finti ma non farci caso,
le bugie dette tra un bicchiere di vino e l'altro.
A volte odio anche quella spinta che è la verità,
che mi tira il pugno dentro ma non tanto forte,
che intanto sa che l' ascolto sempre.
Ogni tanto mi lascio fregare dalle frasi da diario delle medie,
che recitavano di -esser cattivi per divertirsi di più-.
E capita che incrocio le braccia e sbuffo.
Pesto un po' i piedi e mi mangio le unghie.
Però davanti allo specchio ci finiamo tutti.
E quando ci guardo, io mi sorrido.
Perchè alla fine il posto sull' autobus lo cedo anche al maleducato.
Mi si piega la bocca all' insù a vedere una madre che guarda il suo bambino.
Darò una monetina alla donna che suona in Via Balbi.
E tutti i giorni strimpella Cielito Lindo.
Ed le carezze al cane le darò lo stesso.
E penso che forse forse, c'è speranza per le persone.
Che tanto mi stanno sul cazzo ma tanto mi piacciono.
Forse c'è da esser fiduciosi quando un professore si segna il libro che hai descritto all' esame di inglese.
Se ti racconta che ha visto Patti Smith in tour e vuole sapere per che sito scrivi.
E va a finire che, forse forse... Mi piace anche un po' l' università.


Ma non troppo.