sabato 30 ottobre 2010

Fumando una sigaretta sul terrazzo,
chiamo in causa Dio.
Gli picchietto col dito sulla spalla per parlargli dell' amore.
Per chiedergli come mai non ci ha voluto dare il libretto delle istruzioni.
O una tabella come quelle di chimica, che ci spieghi l' alchimia e le possibili esplosioni.
L' imputato si siede al bancone ed io comincio a gesticolare, vomitando parole, alzando il sopracciglio e sbuffando, di tanto in tanto.
Lui mi guarda e sorride.
Mi risponde, ma in una lingua che non capisco ancora (se non a tratti), e non basta essere iscritta all' università per tradurre tutto.
Dell' amore si è detto tanto, ma non è mica come la matematica.
Perchè se x+y fa 52, qui la storia è più complicata.
C' è chi lo teme, questo amore che han sempre vestito di rosso, chi non risponde quando bussa alla sua porta e cerca di scacciarlo con una spruzzata di Deodorante Felce Azzurra.
Chi non può farne a meno e lo cerca nei bar, in piscina, in mezzo ai libri, sotto il tappeto.
E l' amore, che a volte non si riconosce, c' è.
E' travestito, si mette il cappello e sta seduto in un angolo, nascosto dietro il giornale. Legge Gramellini.
E anche se non lo vedi, ti fa mordicchiare le unghie, sobbalzare il cuore, digrignare i denti e lacrimare gli occhi.
Per fortuna che fa anche addormentare col sorriso. E ti fa raccontare agli amici di quella serata dove sei stato così felice e mentre lo ricordi inciampi nelle parole.
Che la felicità, forse, è difficile da spiegare.
Dio rimane lì, con i lati della bocca all' insù, e annuisce.
Capto qualche cosa, ma la frequenza su cui sintonizzarsi fra crac-crac.
Sono sicura che mi sta suggerendo ''Non perdere fiducia''.
'Non smetterò di chiedere, di interrogarmi, di ascoltarmi', penso.
E lì, Dio, è scoppiato in una risata.
Non mi stava prendendo in giro, tant' è vero che si è commosso.

Nessun commento:

Posta un commento